Online da Aprile 2006



Vivere Tokyo: fame d'Amore

“I giapponesi hanno fame d’amore” (Nihonjin wa ai ni uete iru).
Così, giorni fa, un amico giapponese ha rotto ex abrupto il silenzio, lasciandomi un po’ interdetta.
Ma la spiegazione ha trovato il suo tempo e si è rivelata come un’epifania tra la moltitudine di gente che vive a Tokyo, in quel senso di solitudine che talvolta l’accompagna.
Perché qui, dove niente sembra mancare, c’è una cosa che invece si fatica a trovare, che si nasconde tra la folla. La più semplice e, per certi versi, la più importante di tutte: l’amore.

Colleghi, studenti, amici e conoscenti giapponesi si raccontano senza riserve, delineandomi un quadro sociale che diventa ogni giorno più ricco e complesso.
Alcuni di loro mi dicono di aver trovato il proprio equilibrio di coppia. Un equilibrio fatto di ritagli di tempo, spazi preservati con gelosia, tenuti per sé, ma reciprocamente tollerati secondo il comune denominatore del compromesso e del rispetto.
Un equilibrio incredibile, penso, in cui mi immagino a fatica.
Frammenti di vita privata, tanto affascinanti quanto culturalmente lontani dalla realtà da cui provengo, si sparpagliano sul tavolo delle possibilità, dove l’antinomia del giusto -sbagliato non trova nessun appiglio.
Mogli e mariti hanno amici diversi, che spesso nemmeno conoscono.
Alcuni mi confessano di avere un amante (aijin).
Altri, con naturalezza, mi parlano dei loro matrimoni “bianchi”.


Scopro con sorpresa che ci sono coppie che si vedono soltanto la sera, prima di andare a dormire. Alcune nemmeno una volta nell’arco della giornata.
Ci sono coniugi che dormono persino in camere da letto separate.
Io e mio marito abbiamo orari diversi. Per non disturbarci a vicenda abbiamo optato per due camere separate. Si tratta di una cosa molto diffusa in Giappone. Anzi, anticamente questa era la regola”.

La vita di coppia non preclude quella privata. Ognuno si riserva di concedersi all’altro nella misura in cui lo desidera, senza negarsi le serate con i colleghi, le cene con gli amici, i week-end in campagna, a casa dei nonni. E non ci sono remore, né sensi di colpa. Vite separate scorrono su binari paralleli.

C’è R., fidanzata da 6 anni e convivente da 4 con un ragazzo che probabilmente ha amato solo per i primi sei mesi e basta. Forse lo ha anche tradito. Ciononostante continua a vivere sotto il suo stesso tetto; continua a chiamarlo kareshi (ragazzo), condividendo con lui la sua quotidianità.

C’è T., che ha scoperto pochi giorni fa che il marito la tradisce.
Ha lasciato il pc aperto con la fretta di andare a lavoro”, dice. “Di solito non lo faccio, ma è come se qualcuno mi avesse indotto a guardare. Così ho trovato l’e-mail di una donna che lo ringraziava per la notte prima al love-hotel”.
Me lo racconta con una freddezza clinica, aggiungendo una nota di ovvietà all’accaduto.
Il nostro è un matrimonio bianco da qualche anno e lui rimane pur sempre un uomo. Sapevo che sarebbe successo prima o poi”.

C’è W., che in sei mesi ha cambiato tre fidanzati e che adesso si sposa, dopo nemmeno un anno di convivenza con il quarto partito. Del resto, quello che il Giappone mi ha insegnato fra le tante è che chi ha tempo non deve aspettare altro tempo.

C’è Y., che continua a fuggire all’amore, a nascondersi dietro il suo pianoforte e le sue note. “La carriera mi tiene occupata per la maggior parte del tempo”, dice. “Quando mi sentirò incompleta, allora riconsidererò la cosa”.

I giapponesi hanno fame d’amore... Quale contraddizione è mai questa? – penserete.
Ma la verità è che le possibilità sono innumerevoli e il quadro ben più articolato.
Conosco uomini giapponesi innamoratissimi, attenti, pazienti e devoti. E conosco donne altrettanto innamorate, gelose e con in cuore il desiderio di un figlio.
Allora il cerchio si chiude, ancora una volta, e ogni rapporto trova posto in quest’ampia corolla di forme e possibilità, senza giudizio né regole.

Eleonora Blundo

 


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